mercoledì 14 settembre 2011

I beni relazionali e l’arte dell’associazionismo

I beni relazionali sono stati da sempre trascurati dagli economisti, in quanto non si occupano di mercati o di fenomeni tipicamente economici. Le cose, tuttavia, stanno cambiando e si parla sempre più spesso di beni relazionali, in quanto è ormai chiaro che anche nelle interazioni economiche la qualità dell’interazione intersoggettiva finisce per influenzare scelte individuali e collettive e perciò anche la qualità dello sviluppo economico e civile.


Ma cosa definisce i beni relazionali? L’economia contemporanea distingue i beni essenzialmente in pubblici e privati, i beni relazionali non sono né l’uno né l’altro, sono quei beni che non possono essere prodotti o consumati da un solo individuo, perché dipendono dalle modalità delle interazioni con gli altri e possono essere goduti solo se condivisi. I beni relazionali sono quelle esperienze umane in cui è il rapporto in sé a essere il bene e la relazione inter-soggettiva, perciò, non è un qualcosa che esiste indipendentemente dal bene che si produce o consuma. Ciò che differenzia i beni relazionali è il fatto che è la relazione stessa a costituire il bene economico: la relazione costituisce il bene e non funge da strumento funzionale allo scambio economico.
Se si assimila questo pensiero, allora cambia davvero tutto. L'identità dell'altra persona diventa fondamentale: facciamo un esempio concreto. Se devo comprare il pane la relazione che si instaura con il fornaio è un elemento importante, il rapporto positivo che si costruisce aumenta il valore del bene. Posso cambiare fornaio e comprare il pane da un’altra parte ma se cambio “partner” quello specifico bene relazionale si distrugge: una persona non vale l’altra e la relazione che si è instaurata non può essere sostituita.
E’ importante, per una definizione complessa del concetto di bene relazionale, liberarsi dalla dualità “bene pubblico-bene privato” (entrambi non implicano relazioni tra i soggetti coinvolti). Il "perché", la motivazione, l'identità sono invece elementi essenziali. Il bene relazionale, che quindi non appartiene né alla categoria del pubblico né a quella del privato, emerge solo all'interno della relazione stessa e può essere goduto solo nella reciprocità. Citando la filosofa Martha Nussbaum: "L'attività vicendevole, il sentimento reciproco e la mutua consapevolezza sono una parte tanto profonda dell'amore e dell'amicizia che Aristotele non è disposto ad ammettere che, una volta tolte le attività condivise e le loro forme di comunicazione, resti qualcosa degno del nome di amore o di amicizia... Se le cose stanno così allora queste componenti della vita buona sono destinate a non essere per nulla autosufficienti. Esse saranno invece vulnerabili in maniera particolarmente profonda e pericolosa". Questo pensiero implica, ovviamente, il fatto che I beni relazionali sono per la loro stessa natura, fragili, in quanto non sopravvivono all’interruzione del rapporto stesso. Vanno dunque protetti e conservati perché essenziali all’economia del benessere.
Attualmente, i beni relazionali emergono, citando il sociologo Pierpaolo Donati, come il sale di una democrazia avanzata non solo in riferimento al mondo del non profit e delle associazioni civili ma anche alle imprese economiche che stanno sul mercato a patto che pratichino la responsabilità sociale. Questi beni, di carattere associativo, si riscontrano di fatto soprattutto nelle organizzazioni di privato sociale e di Terzo settore, ma sono comunque creati nelle reti sociali che mescolano rapporti formali e informali. La peculiarità di queste reti sta nel fatto di essere scuole di democrazia e di produrre esternalità positive per soggetti esterni. Ovvero, l'arte dell'associazionismo.

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